Venezia, il suo governo e le sue antiche tradizioni
Tutto il mondo vede in Venezia una città unica, unico è il suo sistema di governo e particolarissime le sue tradizioni. Una città sorta dall’acqua, rivolta non all’occidente cristiano ma all’oriente bizantino.
Ispirate all’Impero Romano di Oriente furono le prime cariche politiche e la foggia dei vestiti della classe politica che la governava. Di ispirazione bizantina sono anche molti dei palazzi e chiese che ancora impreziosiscono il suo tessuto urbano come ad esempio la Basilica di san Marco e lo stesso Palazzo Ducale.
Venezia rimase per secoli sotto il controllo dell’esarca di Ravenna che amministrava i territori bizantini in Italia a mezzo di un tribuno da esso nominato, all’epoca chiamato “Dux” che divenne nel tempo il Doge di Venezia.
Nel 697 venne eletto per la prima volta in laguna un doge, esso divenne il primo capo di stato di una Venezia autonoma e indipendente.
Nel corso dei secoli, anche a seguito di tentativi, tutti falliti, di rovesciare il governo, oligarchico ma comunque repubblicano della Serenissima, vennero creati organi di governo e magistrature che impedissero ogni forma di nepotismo o dittatura. Venne infine ideato un machiavellico sistema con cui veniva eletto il doge atto appunto ad evitare cordate e brogli elettorali.
Cercheremo di dare qui una breve descrizione del complesso organigramma dello Stato Veneziano partendo appunto dall’elezione del suo massimo rappresentante, il Doge appunto.
L’elezione del Doge
Il Maggior Consiglio, vale a dire il senato veneziano, composto da tutti i membri della nobiltà che avessero già compiuto i 30 anni si riuniva in una specie di conclave.
Tutto cominciava quando il consigliere più giovane del consesso si recava nella Basilica di San Marco per assistere alla prima Santa Messa del mattino. Esso prelevava e portava con sé a Palazzo il primo bambino che avesse incontrato. Questo bambino, detto Ballottino veniva abbigliato in tono consono e bendato. Egli provvedeva quindi all’estrazione di palle di colore oro o argento, dette appunto ballotte da un’urna che ne conteneva tante quanti erano gli aventi diritto al voto.
Solo i 30 che avevano ricevuto la palla d’oro restavano nella sala. Dopo un secondo sorteggio i 30 si riducevano a 9, Questi ne eleggevano 40, dai quali se ne sorteggiavano 12. Questi 12 ne eleggevano 25. A mezzo di ulteriori elezioni e sorteggi essi si riducevano ancora a 9, salivano a 45 per poi ridiscendere a 11. Si procedeva infine a determinare i finali 41 da cui sarebbe uscito il nome del nuovo doge. Nella moderna lingua italiana il termine ballottaggio deriva proprio da questa complicata procedura inventata appunto a Venezia.
Le votazioni potevano protrarsi per alcune settimane come anche durare alcuni mesi. In alcuni casi si giunse invece all’elezione in tempi brevissimi e all’unanimità.
Ricordiamo che in nessun caso potevano essere presenti contemporaneamente fra i candidati membri della stessa casata, se per caso ve ne fossero, venivano allontanati e sostituiti con altri nobili.
A scanso di mal di testa aggiungiamo che era un grande onore per un bambino essere nominato “balottino” dato che comunemente esso proveniva dalle classi povere della popolazione. Presiedeva infatti a tutte le procedure di voto che portavano all’elezione del Doge, al termine delle quali la Repubblica lo ricompensava facendogli completare gli studi a spese dello stato.
Terminati questi, otteneva la qualifica di Notaio Ducale che gli avrebbe garantito una vita di agi e privilegi. Questo bambino era a fianco del Doge in tutte le sue uscite ufficiali dall’ elezione sino alla morte di quest’ultimo.
Morto il doge, dovendo venir scelto un altro “balottino” per il suo successore, il ragazzo veniva congedato e, una volta ricevuta una gratifica di 100 scudi d’oro, veniva cooptato nella Cancelleria di Stato.
Venezia elesse in tutta la sua storia un totale di 120 dogi. Bisogna dire però, a onore di verità, che in taluni casi si ebbero brogli elettorali ed in altri venne comprato il voto di molti elettori al fine di forzare l’elezione di un determinato ambizioso candidato.
Gli organi e le magistrature dello stato veneziano
Al vertice dello stato veneziano vi era come abbiamo visto il doge. Esso una volta eletto non percepiva nessun reddito da parte dello Stato dato che era considerato un grande onore servire la Repubblica.
Esso, una volta eletto, semplicemente si trasferiva a Palazzo Ducale con la sua famiglia. Da quel momento doveva sottostare ad una serie di obblighi e divieti che ne limitavano libertà e funzioni. Tutto ciò faceva del Doge una figura di pura rappresentanza.
La sua vita quotidiana era infatti scrupolosamente controllata da consiglieri dogali e da organi di stato atti appunto a vegliare sul suo operato.
Questi organi erano il già citato Maggior Consiglio, il Minor Consiglio composto da sei consiglieri ducali, uno per ognuno dei Sestrieri che componevano Venezia. Ad essi vennero poi aggiunti altri tre consiglieri detti Capi Quarantia.
Vi era poi il potente e temuto Consiglio dei dieci, affiancato da tre Inquisitori di Stato. Questi organi, eletti ogni anno vegliavano sulla sicurezza della Serenissima e sul suo governo.
Ad essi potevano essere indirizzate dal popolo denunce, segrete ma non anonime, impostandole in speciali buche delle lettere dette “bocche di leone”, presenti in tutta Venezia. Queste denunce venivano vagliate e se del caso venivano avviati indagini ed arresti.
La competenza sulla politica estera, sulle finanze e sugli affari militari era poi affidata al Collegio dei Savi, composto da 16 alti dignitari che oggi potremmo definire come un consiglio dei ministri. Essi predisponevano l’attività del Senato noto anche con il nome di “Consiglio dei Pregadi” vale a dire i consiglieri dogali pregati dalla Repubblica di fornire il loro consiglio sulla conduzione dello stato ed erano generalmente in numero di sessanta ma potevano essere anche in numero maggiore se a situazione lo richiedeva.
Per brevità aggiungiamo che vi erano altre altissime cariche pubbliche come ad esempio i Procuratori di San Marco, una carica vitalizia a cui si accedeva solamente per grandi meriti conseguiti al servizio della Repubblica e ancorai gli “Avogadori de Comun, avvocati di stato che vegliavano sugli interessi dello Stato. Citiamo infine i “Camerlenghi” responsabili della raccolta delle imposte e del bene pubblico.
Una lunga lista di figure era poi responsabile di ogni settore dell’amministrazione pubblica, vi erano ad esempio il Magistrato alle Acque, il Magistrato alla “milizia da mar”, la fanteria di marina veneziana ed il Magistrato alla sanità pubblica.
Un piccolo discorso a parte merita infine l’amministrazione della severissima giustizia veneziana condotta dal Supremo Tribunale della Quarantia.
Questo potente organo giudiziario composto da una serie infinita di collegi e giudici amministrava la giustizia sulla città lagunare e sui suoi domini di terraferma.
Venezia e lo “Sposalizio del mare”
Sin dall’anno 1253, e per tutta la durata della Repubblica, a Venezia si tenne una particolarissima cerimonia sia religiosa che civile, lo Sposalizio del Mare.
Nel giorno dell’Ascensione, ogni anno il Doge usciva in mare aperto dalla bocca di porto del Lido a bordo della Galea di Stato, una splendida imbarcazione a remi tutta ricoperta d’oro e velluti preziosi, il Bucintoro così chiamato per la forma della polena che ne adornava la prua.
Il Doge era seguito da una lunga processione di natanti su cui erano imbarcate le massime autorità civili e religiose della Repubblica.
Una volta giunto nelle acque antistanti il Lido, esso gettava in mare un anello consacrato pronunciando la frase “Ti sposiamo, o mare. In segno di vero e perpetuo dominio”. Con questa frase Venezia sposava ogni anno il suo Mare e riaffermava l’indissolubilità del legame che li univa.
Ai giorni nostri questa particolarissima cerimonia viene perpetrata ed un anello, benedetto dal Patriarca di Venezia, viene gettato in mare dal Sindaco della città lagunare.
La Festa del Redentore
Una delle più sentite feste religiose veneziane è la Festa del Redentore.
Essa viene celebrata ogni anno la terza domenica di luglio e attira a Venezia numerosissimi turisti ansiosi di ammirare il meraviglioso spettacolo di fuochi artificiali, della durata di quasi un’ora, che viene organizzato il sabato sera sul Bacino di San Marco.
Verso la fine del 1500 a Venezia imperversava un’epidemia di peste che decimava la popolazione. La Signoria fece un voto alla Madonna, se essa avesse liberato la città dal flagello della peste Venezia avrebbe costruito una grande chiesa a lei dedicata. Alla sua progettazione venne chiamato il massimo architetto dell’epoca, quell’Andrea Palladio a cui si devono le più splendide ville patrizie che punteggiano la pianura veneta.
Una volta che essa fu completata nel 1592 venne deciso di costruire un ponte di barche che permettesse ai fedeli di attraversare il Canale della Giudecca e raggiungere la Basilica che appunto su questa isola era stata edificata.
Questa tradizione viene ancora oggi perpetrata e, annualmente in occasione di questa ricorrenza viene allestito un ponte galleggiante tra le fondamenta delle Zattere alla Basilica sul lato opposto del Canale.
La Festa di San Marco ed il “bocolo”
Il giorno 25 Aprile in tutta Italia viene celebrato come il “Giorno della Liberazione”
A Venezia questa data ha anche una seconda valenza, molto sentita, è infatti anche la festa di San Marco, patrono della città.
Ai tempi della Serenissima venivano organizzate solenni celebrazioni ed una lunga processione a cui partecipavano tutte le autorità civili e religiose.
Ai giorni nostri questa festa viene officiata dal Patriarca di Venezia e nella Piazza San Marco, gremita ed imbandierata suonano a stormo le grandi campane del Campanile di San Marco.
A questa grande festa è legata anche una antica tradizione, tanto cara al popolo veneziano, la “festa del Bocolo”.
In occasione delle celebrazioni della Festa di San Marco è usanza che ogni uomo o ragazzo regali alla moglie o fidanzata un bocciolo di rosa detto appunto “bocolo”.
Questa bellissima usanza si rifà ad un’antica leggenda legata alla “Chanson de Roland, celebre poema epico medioevale ed ha per protagonisti Tancredi e Maria.
Tancredi combatteva valorosamente nelle guerre contro i Saraceni, ferito a morte diede ai suoi compagni un bocciolo di rosa intriso del suo sangue con la preghiera di portarlo alla sua amata rimasta a Venezia.
Maria ricevette il fiore ed affranta,si diede la morte. Venne ritrovata proprio il 25 aprile con il bocciolo del suo perduto amore ancora fresco, stretto al cuore.
La Regata Storica
Questa antica manifestazione è al tempo stesso una rievocazione storica e una serie di gare sportive, ha luogo ogni anno la prima domenica di settembre ed ha per teatro il Canal Grande.
Essa ha grande partecipazione da parte della popolazione e vi è sempre una grande affluenza di turisti attirati da questo lungo corteo di imbarcazioni storiche
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Vi si possono infatti ammirare moltissime imbarcazioni tipiche lagunari tra cui le Bissone, grandi barche a remi condotte da vogatori in costumi d’epoca.
Con questa solenne regata si intende ricordare il ritorno a Venezia di Caterina Cornaro, divenuta regina di Cipro in seguito alle nozze con Giacomo II di Lusignano di cui divenne ben presto vedova. Lasciata Cipro la Serenissima la riaccolse e le fu donato il feudo di Asolo in cui Caterina si ritirò, circondata da una corte di artisti e scrittori ed in cui morì nel 1510.
Il corteo storico che dà il via alla manifestazione parte da Piazza San Marco e si snoda lungo tutto il Canal Grande per poi fare ritorno sino a Palazzo Foscari dal quale anno inizio numerose gare di voga “alla veneta” cui partecipano giovanissimi, ragazzi, anziani, uomini e donne.
Le imbarcazioni utilizzate sono quelle tradizionali veneziane e lagunari come le Mascarete, le Bisse, le Caorline ed i Gondolini.
Sono proprio le regate di questi ultimi che infiammano il tifo delle fazioni avversarie. Proprio come Siena, Venezia è composta da quartieri, divisi in queste gare da accesissima rivalità. Vi sono nella storia di queste regate autentici e celebrati campioni le cui gesta e le molteplici vittorie hanno fatto ottenere loro l’ambito titolo di “Re del remo”